Tempo curvo a Krems by Claudio Magris

Tempo curvo a Krems by Claudio Magris

autore:Claudio Magris [Magris, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General, Short Stories (Single Author)
ISBN: 9788811608257
Google: p-O_wgEACAAJ
editore: Garzanti
pubblicato: 2019-04-03T22:00:00+00:00


IL PREMIO

La cena stava per finire, fra poco sarebbe venuto il momento dei brindisi, dei discorsi, dei rinnovati rallegramenti al vincitore. Sulla tovaglia c’era qualche macchia di vino e ogni tanto, dalle candele, cadeva una goccia di cera. I camerieri erano pronti a sostituire piatti e posate, le loro braccia calavano sulla tavola e si ritiravano rapide come sciabolate, ma quella geometria cominciava qua e là a sbandarsi, qualche gesto s’inceppava e qualche oggetto scivolava dalle maglie dell’ordine, restava indietro, abbandonato all’inerzia e allo sfaldarsi delle cose. Guardò il piatto del suo vicino, che raccontava a voce alta, mezzo girato dall’altra parte, qualcosa di divertente, e osservò il grasso che si era rappreso sul fondo. Quel sugo, poco prima, era buono. Chissà dove e quando iniziava la prima smagliatura, se c’era un punto preciso, una soluzione di continuità fra il colletto inamidato e quello sudato.

Lanzani gli versò da bere ignorando il suo rassegnato diniego. «È una Freisa straordinaria, viene da qui vicino, pochi chilometri da Casale. Che i rossi francesi, in mezzo mondo, siano più pregiati di quelli piemontesi, dimostra solo che noi non ci sappiamo fare, che in guerra e in commercio siamo ancora, nonostante tutto, all’abbiccì. Per fortuna almeno in amore…» Serra sorrise educatamente e lo guardò con i suoi occhi acquosi, che una volta erano stati azzurri. Dovette fare un piccolo sforzo per guardarlo realmente, per vedere i suoi capelli neri e lisci, il grande naso rapace, la bocca golosa e spavalda. Da qualche tempo gli sembrava di non poter fermare il suo sguardo su un singolo oggetto, ma di oltrepassare le cose come se fossero trasparenti e di perdersi, con la sua vista miope, in un’incolore lontananza.

Sorrise di nuovo a Lanzani, un mesto sorriso di scusa per quella difficoltà di metterlo a fuoco, di avvertirne l’imperiosa presenza. Capiva che agli occhi avidi e penetranti di Lanzani sfuggivano pochi dettagli, anche quando parevano solo ridere, velati dal vino o accesi da qualche storiella raccontata fra una portata e l’altra. Le portate erano ragguardevoli, degne, come tutto il premio, dell’ospitalità di Lanzani. Era difficile deporre le Muse dal loro seggio. Le società che Lanzani possedeva erano, per chi ne sentiva spesso nominare le sigle, impenetrabili come il destino e i giornali di cui possedeva quote decisive potevano contribuire a scalzare un politico dalla sua sedia o Dio da un cuore, ma qualcosa gli incuteva uno strano rispetto per la gente che allineava parole sulla carta, innocue eppure autorevoli. Il munifico premio letterario, che Lanzani aveva istituito per la giovane narrativa e che veniva conferito da una giuria su cui non c’era nulla da dire, era la mancia di un padrone, ma anche l’offerta di un devoto.

Il vincitore aveva letto un capitolo del romanzo premiato e ora la consuetudine voleva che altri leggessero, in omaggio a lui e a sé stessi, qualche loro pagina o qualche loro verso. Poi si sarebbe celebrato, secondo l’uso, il luogo in cui avveniva la premiazione, Lu Monferrato con le sue nobili tradizioni e la sua cultura, e infine sarebbe toccato a lui, l’ospite per così dire d’onore.



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